Fabrizio Di Pietropaolo

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Fabrizio Di Pietropaolo era nato a Roma il 29 ottobre 1963, alla Garbatella.

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Ha fatto la trafila nelle giovanili della Roma, ed è il capitano della squadra Allievi che nel 1980-81 si laurea campione d’Italia: decisivo un suo gol «una terrificante punizione da quaranta metri». Lo paragonano al gran capitano dell’epoca, Agostino Di Bartolomei (anche lui della Garbatella). Stesso fisico massiccio e medesimo tiro potente. Passa in Primavera assieme a Giannini, Di Mauro, Tovalieri, Di Chiara (tutti ragazzi che avrebbero fatto carriera) allenatore Romeo Benetti. . L’ anticamera della prima squadra, della serie A e di tutti i suoi sfavillanti campioni. È la Roma di Dino Viola presidente e già si sente il profumo dello scudetto del 1983. Pruzzo e Falcao, Bruno Conti e Nela.

 

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Fabrizio sembra destinato a un brillante avvenire, invece si ritroverà in provincia.

Lui è un puro, un ragazzo buono, per niente avido, non vuole sapere di affidarsi a un procuratore e si ritrova a giocare in squadre di secondo piano. Prima fermata la Lodigiani, la terza squadra di Roma, in Interregionale, dove Di Pietropaolo segna una caterva di gol. Intanto arriva il maggio del 1983, lo scudetto atteso per 40 anni. Grazie Roma, Venditti, il concerto al circo Massimo e tutto il resto.

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In quei giorni Fabrizio prende la strada di Parma, serie C1, allenatore Perani. Un avvio boom, un gran girone d’andata: «Sei-sette gol e una serie di prestazioni notevoli. tanto che diverse squadre di A cominciarono a mandare osservatori apposta per lui». Ma… Inverno infernale, un girone di ritorno segnato dalla pubalgia. L’ anno successivo la Lucchese in C2, poi una parentesi al Rimini e di nuovo Lodigiani (C2). Infine Interregionale: L’ Aquila, Sulmona e Pomezia, dove avvertì i primi sintomi del male.

Di Pietropaolo sceglie Pomezia come capolinea sportivo perché gli offrono un lavoro. Operaio e lo stipendio è arrotondato dal cospicuo rimborso spese e dai premi concessi per le prestazioni calcistiche. Pomezia è un buon posto per tirare gli ultimi calci.

A Pomezia Fabrizio si ammala. E’ il 1993. Confessa «Non riesco più a caricare il sinistro come una volta, stò invecchiando, mi stanco con facilità”. Ha dei tremolii a una gamba, và all’ospedale, ma sbagliano diagnosi. Lo operano per un’ernia. L’ intervento non risolve nulla, la gamba continua a sussultare. Il medico di famiglia lo indirizza al Gemelli e da qui lo mandano in un centro specializzato a Milano.
Sono i giorni della sentenza senza appello è SLA. E comincia il calvario. Un paio di viaggi della speranza in cliniche all’ avanguardia nella lotta alla SLA, in Svezia e in Francia. Un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, a pregare Padre Pio. Di Pietropaolo non è credente, ma in certe situazioni estreme si prova tutto, è umano che sia così. Il morbo divora Fabrizio, ogni giorno un passo indietro. Fino alla carrozzella, fino all’ impossibilità di deglutire, mangiare, parlare. Negli ultimi tre anni non esce più di casa. I genitori, il fratello e la sorella fanno muro, non vogliono che la notizia trapeli. I vecchi compagni della Primavera ‘82 aprono un conto corrente postale.
Il 18 luglio del 2002 Fabrizio muore. Lo seppelliscono al cimitero sulla Laurentina,  vicino a Trigoria, il centro di allenamento della Roma.

24 agosto 1990.
In quella Roma potevi esserci anche tu!!!
Da notare, purtroppo, nella formazione del Pomezia altre due compagni, Scisciola e Argenio, scomparsi prematuramente
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LA MALATTIA

La sclerosi laterale amiotrofica, conosciuta anche come SLA, è una malattia degenerativa del sistema nervoso, che colpisce le cellule (neuroni) che danno impulsi ai muscoli. Le cause del morbo non sono note. I muscoli non ricevono più comandi e diventano atrofici. La malattia può colpire prima una mano, poi braccia e gambe fino a interessare i muscoli di respirazione e deglutizione. Per ora non esistono cure risolutive

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