
Orgogliosamente si dichiara romano “de Roma“. Nei momenti di tensione, non risparmia la sua romanità. Nel 1931 agli Europei di Vienna urla alla giuria: “Annate tutti a morì ammazzati“, per fortuna senza che nessuno riesca a tradurre esattamente la frase.
Nato a Roma il 28 settembre 1904 , è stato uno schermidore italiano, specialista della sciabola e del fioretto.

Terzo di quattro figli, ha modo di affinare le sue doti fisiche nel verde del parco dove la famiglia risiedeva. All’età di sedici anni avviene il decisivo incontro con il maestro di scherma Salvatore Angelillo, istruttore presso la società romana Audace, che intravede in quel ragazzo alto un metro e ottantasette (avrebbe poi superato i due metri), magro e dinoccolato una grande predisposizione nella disciplina per la sua “eccellente meccanica”. Sono molti gli scettici attorno a lui per l’eccessiva altezza, ma il maestro Angelillo sostiene che le doti del “lungagnone” non sono comuni: una “grande intelligenza schermistica” che lo porta a “intuire” e prevenire le intenzioni degli avversari, una straordinaria velocità della mano e delle gambe, una penetrazione della punta quale ben pochi potevano vantare.
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Parteciperà a quattro Olimpiadi, alla faccia di chi, per via di quel fisico dinoccolato, non lo vede portato con una lama in mano. Dopo Mangiarotti, è lo schermidore italiano ad aver vinto il maggior numero di medaglie olimpiche: tra il 1924 e il 1936 ne ha conquistate nove (come Valentina Vezzali): tre d’oro, quattro d’argento e due di bronzo. Nella classifica generale è al terzo posto dopo Mangiarotti appunto e il magiaro Gerevich.
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Nelle foto di squadra, lui è sempre il gigante che stacca in altezza i compagni almeno di una testa. Un Primo Carnera della scherma, con cui divise la celebrità nel mondo sportivo degli anni Trenta. Giulio Gaudini però ai guantoni preferì sempre fioretto e sciabola.
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Un tumore ai polmoni lo porta via a nemmeno 44 anni, è il 6 gennaio del 1948.
Una strada nel quartiere Flaminio della sua Roma oggi ne ricorda il nome.